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Il Casino dell'Aurora Pallavicini

 
 

 

 

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Rassegna-spettacolo musica e teatro:
"Roma '86, incontro tra Oriente e Occidente"
26 agosto - 17 settembre 1986
 »  Michael Nyman e la Penguin Cafè Orchestra. Illusioni in giardino.
di Paolo Biamonte. "Corriere della Sera"
  La musica da intellettualistico intrattenimento della «Penguin Cafè Orchestra» ha chiuso l'altra sera al giardino dell'Aurora di Palazzo Pallavicini la prima rassegna dedicata alla musica d'ambiente.
Il giorno prima, questo piccolo gioiello architettonico disegnato a pochi passi dal Quirinale, aveva ospitato il trio di Michael Nyman. Londinese, ex critico musicale con alle spalle collaborazioni con Steve Reich e Brian Eno, Nyman ha esposto il suo concetto di musica d'ambiente rifacendosi alla classicità. L'organico particolare del trio, due violini e un clavicembalo (suonato da Nyman), permette impasti sonori inconsueti. Su una base ritmica spesso a terzine gli archi disegnano lunghe linee melodiche ricche di echi e colti richiami. In questa musica dall'aspetto sentimentale, quasi velata di malinconia, si avverte lo sforzo intellettuale dell'autore impegnato a conciliare la musica colta con l'etnologia il minimalismo con la cantabilità.

Un concerto diviso in due parti (la prima occupata da brani tratti dalla colonna sonora de «Il mistero del giardino di Compton House», che è la più conosciuta opera di Nyman, l'altra da una composizione che recuperava alla maniera di Pinter filastrocche infantili in chiave anticonvenzionale) che ha dimostrato come Nyman sia una sorta di illusionista dell'armonia: il suo gioco di rimandi incrociati invita l'ascoltatore in un mondo sussurrato, da percorrere in punta di piedi che cattura la complicità sul filo dell'emozione.

Caloroso successo ha poi riscosso la Penguin Cafè Orchestra. Alla guida di questo singolare consesso c'è Simon Jeffes, arrangiatore, compositore, chitarrista e violinista che ha lavorato con Rupert Hine, i Caravan, i Camel, Murray Head, Sid Vicious, i Japan e Ryuichi Sakamoto. Fedele alle regole non scritte della musica d'ambiente la musica della Pco sfugge a tutte le categorie. La superficie ha i tratti del disincanto: ritmi caraibici, africani, folk europeo, tocchi di avanguardia si mescolano assieme in un sound dominato da chitarre classiche, archi e percussioni ai quali talvolta viene aggiunto uno strumento inconsueto. Alla base di questo curioso «pastiche» sonoro c'è l'amore di Jeffes per il Giappone ma anche un complesso metodo di composizione ordinato secondo le teorie pitagoriche.

Nonostante conservi il rimpianto per non essere diventato una star della chitarra elettrica, Jeffes può vantarsi di aver scoperto una nuova via alla musica costruita sul piacere dell'intrattenimento ma che, secondo le parole dell'autore «dovrebbe rappresentare la colonna sonora ideale di un mondo poliedrico e cosmopolita nel quale la comunicazione è ottimale».

Domenica 31 agosto 1986

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